Mi sono chiesto, spesso, se l’idea sia di destra, di sinistra o di centro o se sia qualcos’altro. Non mi sono, però, mai impegnato a cercare, concretamente, una risposta. Non so perché, forse perché non avevo bisogno di dare, alle idee mie ed a quelle degli altri, una collocazione. Per me erano e sono solo idee e basta; discutibili quanto si voglia, ma solo idee.
In questi ultimi giorni, però, non se ne abbiano Platone e gli altri filosofi che se ne sono interessati e cui rivolgo, sin d’adesso, le mie più sincere scuse, solo per il fatto di provare a porle ad oggetto della mia riflessione, mi sento obbligato a farlo. Non tanto per chiarire a me stesso la mia posizione, che a me è fin troppo chiara (mi sento libera espressione della mia libertà, soprattutto quando maneggio le idee), quanto per soddisfare una curiosità; anche perché sono convinto che chiunque esprima delle idee non abbia nulla a che fare con le opinioni. È chiaro, pertanto, che io, personalmente, non mi sento di esprimere opinioni su chi elabora e propone idee. Sarebbe assurdo tacciare con le mie opinioni delle idee. Opinioni ed idee, fra l’altro, tra loro cozzano profondamente, tanto che dove ci sono le urne non ci possono essere le altre e viceversa.
Proprio per questo, allora, ho bisogno di riflettere accuratamente e lo faccio partendo dal termine preciso del contendere, la parola, che, in fondo, designa non solo il nome di qualcosa, ma la fa anche consistere in uno o più significati. La parola idea, così, al primo assaggio, mi rinvierebbe al verbo greco 'orào', esattamente all’infinito aoristo del verbo 'orào', cioè 'ideìn', che esprime il significato di “vedere” al passato. In questo senso l’idea è ciò che si vede; ciò che si vede di che cosa? Ciò che si vede di quel che si agita nella mente di chi pensa. L’idea, pertanto, in questo senso, sarebbe, anzi, è l’evidenza di ciò che l’uomo pensa; ed in quanto tale è il risultato di un’operazione universale e non soggettiva, perché l’idea è ciò che ogni uomo pensa, in quanto essere e non in quanto espressione di parte. Ma lo stesso termine mi richiama alla mente il perfetto oìda, perfetto del verbo 'orào', perfetto che ha il significato di “io so”; e con più precisione mi rinvia all’infinito perfetto eidènai ed al participio perfetto eidòs, eidùia, eidòs, cioè “saputo”. L’idea, allora, è l’evidenza di ciò, che il pensiero pensa in quanto sa, o di ciò, che il pensiero sa in quanto pensa. L’opinione, invece, è ciò, che uno reputa; ma ciò, che uno reputa, non propone l’esattezza e l’evidenza dell’idea.
Addirittura gli Stoici la consideravano “un assenso debole e fallace” (Cfr. N. Abbagnano, Dizionario di Filosofia, Utet, Torino 1964, p.622). Avere a che fare con l’idea, pertanto, significa rapportarsi a qualcosa che, secondo me, non può essere attribuita ad un contesto di parte; chi è di parte, in realtà, guarda all’idea da una prospettiva, che è appunto quella della parte, cui si sente di appartenere. Ma l’idea è tale da prescindere da tutte le prospettive e da tutte le parti; e ne prescinde, perché viene prima.
L’idea non è l’ideologia. Fra l’una e l’altra, secondo me, c’è la stessa differenza che c’è fra idea ed opinione. È chiaro, allora, che le idee, in quanto tali, non sono ideologicamente catalogabili. Chi esprime idee, pertanto, a prescindere dalla sua visione ideologica, l’abbia o non l’abbia fa lo stesso, nel momento in cui le esprime è un uomo non riconducibile, proprio in virtù di quelle idee che esprime, ad alcuna posizione di parte. È solo una libera espressione del pensiero, sul sentiero di ciò che unisce.
Mi pare giusto, a questo punto, concludere con la certezza di aver non solo soddisfatto la mia curiosità, ma di aver anche chiarito, a me stesso, il senso recondito di ciò che mi sollecita a scrivere.