La consegna è avvenuta nell’Aula Magna “Quistelli” - dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, gremita di persone ed autorità, tra cui il Presidente del Premio Anassilaos, dr Stefano Iorfida, ed il Magnifico Rettore dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria Prof. Santo Marcello Zimbone. 

ROGLIANO – Antonio Guarasci (Rogliano, 7 maggio 1918 – Polla, 2 ottobre 1974) rimane uno dei più grandi politici che la Calabria abbia mai avuto.
Un uomo serio, capace, moderno, lungimirante, che ha improntato il suo agire al bene comune e mai alla volontà di conquistare un potere personale. Un uomo di cultura, a favore del sapere, che si è adoperato per spingere la Calabria verso nuovi e più vasti orizzonti.
Nato a Rogliano da Luigi e Luigina De Rose, secondogenito di sei fratelli, i genitori lo fanno studiare con grandi sacrifici. Dopo le elementari a Rogliano, frequenta il Ginnasio inferiore al collegio Manzoni, poi il Liceo Classico “Telesio”. A soli 22 anni va in guerra in Africa Settentrionale e viene fatto prigioniero nella battaglia di El Alamein.
Nel 1942, trasferito negli Stati Uniti nel campo di Seattle, entra in contatto con diversi antifascisti e matura la sua avversione contro il fascismo e ogni forma di totalitarismo. Ritornato in Calabria, nel 1946 si iscrive alla Democrazia Cristiana e si laurea in Filosofia a Roma. Inizia la sua carriera professionale in varie scuole della provincia. Nel 1948 sposa Gertrude Buffone. Insieme ad altri esponenti politici del suo tempo, tra gli anni '50 e '60 è tra i protagonisti di un passaggio generazionale: la classe dirigente calabrese, formata soprattutto da avvocati, viene infatti sostituita da un nuovo ceto politico professionale, costituito principalmente da docenti.
Nel 1952 viene eletto primo componente del comitato provinciale della Democrazia Cristiana, poi consigliere provinciale per il collegio di Rogliano. Nel 1962 assume la presidenza della Provincia, nel 1970 diventa il primo Presidente della Regione Calabria. Si impegna, tra le altre cose, ad incentivare la politica a favore della scuola, della sanità locale e delle infrastrutture per consentire a molti territori di uscire dall'isolamento interno. La sua azione culturale raggiunge l'apice nell'istituzione dell'Università della Calabria nel 1973. Il presidente vuole che essa si riveli un motore di sviluppo economico, sociale, culturale anche per il territorio che la ospita.
Ma un triste destino lo attende. Guarasci perde la vita tragicamente prima di poter vedere realizzato questo sogno. Il 2 ottobre del 1974, muore in un incidente stradale a Polla, lungo la Salerno - Reggio Calabria.

GRIMALDI – Un paese che ha dato i natali a personaggi di grande spessore umano e professionale, non può non ricordare Raffaele Giuseppe Rose, fotografo di paese, e la sua innata capacità di raccontare, attraverso i suoi innumerevoli e memorabili scatti d’autore, momenti di vita, usi e costumi del ‘900. Le sue fotografie, quanto mai preziose e ricercate, rappresentano oggi un vero e proprio tesoro per quanti amano la storia del proprio paese e cercano di ricostruirla faticosamente, andando a ritroso nel tempo, alla ricerca di ogni tassello, anche il più piccolo, necessario a ricomporre i pezzi di un mosaico ancora incompleto: il nostro passato. Nato nel 1918, morto nel 1999, era figlio di Francesco Antonio Rose, detto mastru ‘Ntoni, e di Francesca Magliocco. Ebbe cinque fratelli: Pasquale, Silvio (perito in guerra), Amerigo, Rubens e Fernando. Sposò Maria Amendola, nata a Malito, dalla quale ebbe un unico figlio: Franco.
Raffaele Giuseppe Rose era un uomo discreto, cordiale. Lo incontravo spesso da ragazzina, quando passavo per Vico Monastero, dove abitava, o lungo Via Tommaso Maio. Spessissimo, lo vedevo camminare a braccetto con la sua adorata moglie, non vedente, con la quale amava fare delle lunghe passeggiate, sempre accompagnato dalla fedele macchina fotografica, che portava appesa al collo. Mi affascinavano la serenità che insieme riuscivano a trasmettere e la loro affabilità e gentilezza. L’educazione e il rispetto, tipici degli uomini e delle donne di un tempo, erano prerogative della loro personalità. L’attività di fotografo (da ritrattista di studio a fotoreporter) che lo vide operare tra Cosenza e il Savuto, in particolare a Malito e a Grimaldi, la svolse fino agli anni ’80. Oggi, delle sue opere rimane un ricco archivio fotografico, custodito amorevolmente dal figlio Franco, biologo e giornalista, che ha ereditato dal padre la grande passione per la fotografia. Questa raccolta racchiude diversi momenti di vita familiare (è il caso degli album di famiglia), ma anche scatti che rievocano occasioni tristi o liete; che raffigurano classi scolastiche, bande musicali; che raccontano riti e festività religiose, il dopoguerra, storie di emigrazione. È, dunque, il vissuto di un intero paese, concentrato in centinaia di supporti, alcuni molto piccoli (lastre, negativi, foto 6x9, 6x6), a volte poco più grandi un un francobollo.
Come gli altri fotografi di paese, Raffaele Giuseppe Rose ha il merito d’aver fermato il tempo, un tempo che diviene evocatore primario di un ricordo, di un profumo, di un clima, di una storia.

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