Anche quest'anno la Valle del Savuto ospiterà una nuova edizione del Festival di "street art" (arte di strada) "Gulia urbana", promosso dall'Associazione Rublanum.
È la nona edizione, che realizzerà opere di "street art" per promuovere una valorizzazione degli spazi pubblici e che si svolgerà, dal 23 al 31 agosto, a Cellara e Parenti.
L'arte non se ne sta più al chiuso, accessibile a pochi, ma esce fuori, nei luoghi dove la gente abita, lavora, si diverte. L'arte torna alla sua origine, la strada, luogo democratico per eccellenza, dove tutti possono osservarla, in quella bellezza che sta nel suo essere un tutt'uno col territorio che la circonda. Perché lì, tra piazze e muri, l'arte ha il potere di mirare dritto, senza intermediari e spesso solo per un istante, alla testa, al pensiero, al cuore di chi passa. Bastano una pennellata, un segno, una pittura eseguita con varie tecniche (graffiti, "stencil", vernici, bombolette spray...). Un modo per restituire al paese quasi una nuova identità, giocosa e vivace.
Protagonisti dell'evento nella Valle del Savuto saranno gli artisti Tony Gallo, padovano, che ha già donato al paese di Parenti una poetica opera lo scorso anno e che sarà di nuovo ospite del centro silano. Ci sarà poi la britannica Helen Bur e l'artista greco Dimitris Taxis, che torna dopo un anno dal suo intervento a Mangone.
A Cellara saranno protagonisti la "Bro Crew", collettivo formato da Mario Verta e Amaele Serino; Claudio Chiaravalloti, in arte "Morne" e lo spagnolo Slim Safont.
L'Associazione Rublanum ha comunicato che saranno messe in atto tutte le misure di sicurezza sanitarie, dettate dal Governo e dalla Regione Calabria e che i partecipanti dovranno diligentemente osservare.
Giuseppe Pizzuti, docente  

 

 

Nella cornice naturalistica di una perla del nostro Mare Jonio si erge la bellissima e rinomata, tra i più importanti ed autentici borghi d’Italia, città delle rose: Roseto Capo Spulico. Anche quest’anno l’Amministrazione Comunale con in capo il primo cittadino, l’Avv. Rosanna Mazzia e la sua lungimirante compagine vuole dedicare un ampio spazio all’arte contemporanea, aprendo per la seconda volta consecutiva le porte dell’Antico Granaio alle esposizioni dei più rappresentativi artisti della terra di Calabria e non. Infatti, il progetto “Collettivo.20” in cui viene inserito il percorso artistico “Coincidenza temporanea” è stato affidato alle mani esperte, altamente performative e concretamente competenti del Dott. Gianluca Covelli, storico e critico d’arte nonché docente di Storia dell’Arte c/o l’Accademia Fidia di Stefanacoli (VV). Va da sé che, risulterebbe alquanto ridondante volere stendere delle lodi sulle pregresse esperienze lavorative e pubblicazioni a cui ed in cui il Dott. Covelli si è visto coinvolto, basti solo pensare alla consulenza esterna profusa per i Musei Rendesi, alla stretta e dinamica collaborazione con la Prof.ssa Gisella Gellini, docente di Light Art del Politecnico di Milano e tra le ultime, non per importanza, ma per temporalità, alla direzione proficua del museo MAE del comune di Zumpano e al suo stretto coordinamento delle attività artistiche messe in campo dalla stessa Amministrazione così come per molte altre precedenti occasioni per ciò che attiene l’Amministrazione Comunale Rosetana nonché con La Nuova Pesa di Roma – mostra “Sketch – Segni contemporanei” (2020).
“Collettivo.20” “Coincidenza temporanea”, titolo della mostra, quale che ne sia il moto propulsore a cui si è ispirato il qualificato progettista e curatore, esso produce nella mente di chi legge un rimando ad un argonauta che nella ricerca del “Vello d’oro”, viaggia, attraverso la lettura delle “scritture visive” in mondi temporanei in cui spesso ormeggia la sua barca. E’ in quel quid statico e dinamico ad un tempo, che frantuma le tumultuose emozioni, le degusta per associazioni poi magari le rigetta, forse, per ricomporle in un insieme diverso da quello che è stato il suo primordiale “sentire” e le racchiude in quell’angolo intimistico in cui il proprio Sé è diverso dall’altro. Il fruitore procede senza sosta, ha la necessità di focalizzare l’attenzione verso segni diversi ma sempre più vicini al proprio percepire, lo stato di spaesamento è momentaneo perché la co/Incidenza di cromie, di scontornate immagini, di apparenti scorci di realtà, lo riportano in quello stato di comfort da cui non ne palesa minimamente l’uscita. A coronamento del suo stato di benessere, si realizza davanti ai suoi occhi, come per magia, l’apparizione concreta di una perfomer, Carla De Bellis, che, sotto le note di una melodiosa musica e di calibrate rime, si muove leggiadra come una libellula a volere imprimere fortemente nella memoria la Eco di quel che la spinge da “Nel buio dello specchio” – installazione di Maria Credidio – ad immortalare quegli istanti in cui lo spazio e il tempo sono entrambi annullati. Sarà probabilmente un rituale scaramantico in cui l’eterna disputa tra Eros e Thanatos voglia volgere verso la fine? E’ la riaffermazione e la riappropriazione di uno Nuovo e più Umano sentire contro i mali e contro il Male? Ecco l’arte contemporanea nell’insieme delle sue espressioni che non dipana la matassa ma si pone dei punti di domanda che nella sua interezza produce quegli stati di tensione atti a predire, a dire, a confutare, a sollevare l’eternità del tempo e dei tempi.
Nella suggestiva location ai piedi del Castrum Petrae Roseti, si potranno ammirare le opere di artisti del calibro di Salvatore Anelli, Francesco Correggia, Maria Credidio, Danilo De Mitri, Giulio De Mitri, Epeo, Paola Favoino, Ivana Ferraro, Franco Flaccavento, Luigi Magli, Max Marra, Assunta Mollo, Giuseppe Negro, Fabio Nicotera, Rocco Pangaro, Vincenzo Paonessa, Tarcisio Pingitore, Antonio Pujia Veneziano, Emilio Servolino, Maria Teresa Sorbara, Ernesto Spina, Giovanni Vatrella.

L’inaugurazione della mostra è in programma da Domenica 9 Agosto p.v. alle ore 19.30 nell’Antico Granaio al 12 Settembre 2020 sul Lungomare di Roseto Capo Spulico, alla presenza del Sindaco Rosanna Mazzia, della Delegata alla Cultura, Lucia Musumeci, e del curatore Gianluca Covelli, e sarà aperta al pubblico dal lunedì al venerdì, la mattina 10:00 – 14:00, il pomeriggio 16:00 – 21:00 e nei weekend fino alle 24.00.

Ivana Ferraro, insegnante e pittrice

Il 12 marzo scorso, Teresa Scotti, scrittrice di testi poetici, organizzatrice di eventi d'arte, insieme alle sorelle Carmen Cospite (laureata in storia dell'arte, poetessa e scrittrice di biografie artistiche) e Michela Cospite (laureata in storia dell'arte), attraverso la pagina facebook dal titolo: "Colora il virus con la tua arte", hanno indetto un contest dal tema "Come vedi l'arte ai tempi del coronavirus".
Si è trattata di una gara virtuale di opere d'arte: dipinti, disegni, fotografie e sculture.
Il concorso, completamente gratuito, aperto a tutti e senza limiti di età, ha ospitato diverse tecniche artistiche senza limiti di misura.
Sono state 93 le opere in concorso, scelte con cura prima di essere portate in gara.
Al termine, una giuria critica, ha assegnato 10 premi. Appena i tempi lo consentiranno, sarà allestita a Cosenza una collettiva con tutte le opere dei partecipanti.
Il progetto è stato ideato con lo scopo di restare uniti e meno soli in un periodo che ha rappresentato un vero dramma per le regioni più colpite, molto delicato per la storia dell'umanità... che di certo, in Occident,e non si aspettava di vivere una pandemia influenzale altamente contagiosa.
È stato un modo per distrarre e attrarre l'attenzione dei bambini, dei giovanissimi e anche degli adulti e trasportare il loro sentire altrove da questo brutto momento. È stata, anche, un'occasione per regalare a tutti una speranza e il coraggio per andare avanti nonostante tutto, una forza per camminare insieme, vicini anche se lontani.
L'obiettivo era quello di avvicinare le persone all'arte, ed è stato raggiunto pienamente. La grande sorpresa dell'iniziativa, infatti, sono stati i numerosi partecipanti. Loro hanno colorate le nostre giornate e ci hanno fatto emozionare, regalandoci una mostra incredibile, con 93 interpretazioni, diverse una dall'altra, del coronavirus. Dietro ogni artista si intravede e si percepisce la paura, la rabbia, la sofferenza, la morte, il dolore, ma soprattutto la speranza di ritornare alla normalità.

Lucia De Cicco, Odg Calabria
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In copertina, la foto dell'opera "Freedom", vincitrice del cincorso

Uno dei partecipanti, Edison Vyetes, consorte dell'organizzatrice Teresa Scotti, che ha collaborato a diffondere il concorso online 

La chiesa e l’annesso Convento di Sant'Antonio da Padova, anticamente, erano intitolati allo Spirito Santo. Entrambi furono eretti dall'eremita Fra’ Desiderio Saccomanno, a partire dal 1576.
A quel tempo, il paese sorgeva sul Perrupo, luogo in cui rimase fino al terremoto del 1638, che distrusse l’intero abitato, poi ricostruito lungo la Chiata.
La chiesa viene saltuariamente aperta al pubblico, in particolare durante le celebrazioni in onore di Sant'Antonio, periodo in cui è gremita dai numerosi devoti.
Anticamente, fino all'arrivo dei frati Francescani (1662) e anche oltre, essa ebbe un aspetto medioevale, quindi sobrio ed essenziale, completamente diverso da quello tardo-barocco che ammiriamo oggi.
Al tempo in cui Fra’ Desiderio visse tra quelle mura, la chiesa, probabilmente rivestita in tufo, era priva di decori alle pareti e alle volte, e non custodiva alcuna statua, a eccezione, si può ipotizzare, della sola statua di San Francesco di Paola.
Bisogna attendere il 1783 per assistere alla quasi definitiva sistemazione architettonica e artistica del luogo di culto, che avvenne secondo i canoni dell’arte tardo-barocca, che ammiriamo ancora oggi.
Chi entra in chiesa non può non rimanere incantato dal singolare pavimento completamente in mosaico, risalente al 1893 e dai due splendidi confessionali del ‘700, entrambi abilmente intarsiati.
Degli affreschi un tempo presenti sulla volta della navata, ne rimane soltanto uno, che riproduce l’immagine di San Giovanni Evangelista. Sui due lati della navata, invece, si possono ammirare sei meravigliose tele, alcune di scuola napoletana, altre di scuola calabrese. Diverse sono le statue che essa custodisce: due, lignee, del tardo Settecento, riproducono San Bonaventura da Bagnoregio e San Pietro d'Alcantara. Altre tre, di diversa fattura, sono quella della Madonna del Carmine e dell’Immacolata Concezione (quest’ultima fu ritrovata intatta fra i resti del terremoto del 1638). Di fronte a essa, sulla parete sinistra, c’è la statua di Sant'Antonio da Padova, annualmente portata in processione nel giorno della festa solenne.
La scultura lignea raffigura il santo da ragazzino, che nella mano destra stringe un libro, segno della sua scienza e del suo insegnamento, sul quale si erge Gesù Bambino, mentre nella mano sinistra tiene un giglio, simbolo di purezza.
Anche l’abside custodisce antiche sculture lignee, dipinte a tempera, con inserti di oro zecchino nei piedistalli. Sono opere di grande valore, risalenti al tardo Settecento: sulla parete destra, in una nicchia, è deposta la statua reliquiario di San Francesco d’Assisi; di fronte, è invece custodita quella di San Pasquale Baylon, protettore delle donne. In alto, al centro, domina l’Ecce Homo, opera in legno di pioppo, con occhi di cristallo, attribuita a Fra’ Umile da Petralia (1600 – 1639, scultore e religioso) o alla sua scuola, restaurata negli anni ’90 dalle Belle Arti di Cosenza.
Il maestoso coro, realizzato interamente in legno di noce nazionale lavorato a intarsio, rapisce lo sguardo dei visitatori.
Dal coro absidale si accede alla sacrestia. Anch'essa racchiude al suo interno opere di straordinaria bellezza: una serie di armadi di noce nazionale finemente intagliati, i cui intarsi richiamano quelli del coro absidale e dei confessionali. Uno di questi è opera dei frati Giuseppe da Grimaldi e Gennaro da Bonifati.
Nella chiesa è conservata anche una statua dell’Addolorata, il cui volto ha un’espressione particolarmente intensa.
La cantoria, poi, è assolutamente da visitare per il suo soffitto dipinto su tavola, in stile barocco, e per il coro: una magnifica opera in legno, anch'esso lavorato a intarsio, datato 1762, opera di Padre Pietro Celestino.
Sia dal pronao che dall'abside si può accedere allo splendido chiostro monastico, risalente al ‘600. Esso è formato da arcate coeve che poggiano su pilastri del primo periodo barocco. Alle pareti dei corridoi che lo circondano, si possono ammirare una serie di mosaici risalenti agli anni ’80, realizzati al posto delle precedenti pitture esistenti. Nel chiostro sono custoditi una statua di pietra che ritrae Sant'Antonio da Padova, e una pietra tufacea con sopra scolpita una croce, che pare appartenesse alla chiesa parrocchiale dell’antico Grimaldi.

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