di Salvatore Cutellè

Oggi vi voglio parlare di televisione. Parleremo di cose che una volta funzionavano e adesso non funzionano più.
Quando in Italia c’erano solo i 3 canali televisivi della RAI succedeva che nel corso di una trasmissione il conduttore diceva: “Per coloro che si fossero messi in ascolto in questo momento diciamo che stiamo parlando di … Ne stiamo parlando con …”.
Attualmente capita che uno accende la televisione (o, più comunemente, cambia canale, visto il gran numero di canali televisivi disponibili adesso) e capita in un dibattito sui più disparati argomenti.
Il primo problema riguarda capire di cosa si sta parlando. Nessuno dice niente. Sta all’ascoltatore cercare di capire, dal contesto, di cosa si sta parlando. Il regista non potrebbe di tanto in tanto mandare una scritta scorrevole che dice di cosa si sta parlando?
Il secondo problema riguarda sapere chi è che sta parlando. Magari il conduttore dice all’inizio il nome del personaggio invitato a parlare, per cui chi segue la trasmissione dall’inizio sa (se se lo ricorda) il nome di chi sta parlando. Ma chi arriva a trasmissione già iniziata come fa a saperlo? Anche qui il regista dovrebbe mandare una scritta che indica il nome e il ruolo di chi sta parlando. E questa scritta non dovrebbe essere visibile per 2 secondi (quando la scritta appare non si ha il tempo di leggerla) ma ci dovrebbe restare per tutto il tempo in cui il personaggio parla. E quando quel personaggio parla di nuovo quella scritta dovrebbe essere rimessa. Ci vuole una grande intelligenza per capire ciò?
Un altro problema di questi dibattiti televisivi è che più persone parlano assieme, ognuno tenta di interrompere l’altro, e non si capisce cosa dicono.
In queste trasmissioni ci sarà sicuramente un “tecnico del suono” che gestisce i microfoni. Non potrebbe tenere tutti i microfoni spenti tranne quello di chi sta parlando? Quando finisce di parlare gli spegne il microfono ed accende il microfono dell’altro a cui tocca parlare. Anche per capire questo ci vuole una grande intelligenza?

Dobbiamo aggiungere che spesso sono i cosiddetti “conduttori” delle trasmissioni televisive a intervenire pavoneggiandosi mentre l’ospite sta parlando sovrapponendosi alla sua voce. Capita anche che venga chiamato un esperto per parlare di un determinato argomento. Mente l’esperto sta parlando viene interrotto da chi conduce il programma che deve dimostrare di saperne di più dell’esperto.
Poi c’è la cattiva abitudine di infarcire i discorsi con parole inglesi che nessuno ha mai sentito (e di cui a nessuno importa di spiegarne il significato). Ma questo è un altro discorso: qui si tratta del servilismo linguistico italiano alimentato dalla televisione. Un esempio per tutti: chi si prende cura di un disabile o di un ammalato viene chiamato “careghiver”.

E per finire un cenno alle immagini. A volte vengono mostrate delle immagini (fotografie o tabelle). Queste immagini vengono visualizzate per pochi secondi (non dando il tempo allo spettatore di vederle) per poi tornare ad inquadrare la faccia del conduttore, che continua a parlare di quell’immagine che lo spettatore non può più vedere. Sopratutto se quella tabella contiene informazioni con numeri o grafici, volete dare il tempo allo spettatore di leggerla?

 

 

Oggi vi voglio parlare della battuta che il 6 aprile 2022 il Presidente del Consiglio dei Ministri Mario Draghi ha fatto sui condizionatori. Ha chiesto provocatoriamente se vogliamo la pace o avere l’aria condizionata accesa durante l’estate.
Al di là della battuta c’è la necessità di ridurre i consumi di energia, limitando all’essenziale sia l’uso dell’aria condizionata che del riscaldamento.
Però questo invito a ridurre i consumi non va rivolto ai cittadini. Oppure c’è qualcuno che crede che i cittadini tengono inutilmente i termosifoni ad una temperatura troppo elevata o che regolino i condizionatori ad una temperatura troppo bassa (quelli che ce l’hanno il condizionatore) per sprecare energia? Vediamo chi è che spreca l’energia.
A tutti voi sarà capitato di passare di notte davanti ad un edificio pubblico e di notare che le luci sono tenute accese, nonostante che l’edificio a quell’ora sia vuoto.
Dall’esterno possiamo solo notare che le luci sono accese. Non ci rendiamo conto se anche l’impianto di riscaldamento è acceso. Ci accorgiamo invece (dal rumore) se l’impianto dell’aria condizionata è acceso. E questo capita spesso. Passando accanto ad un ufficio pubblico durante l’orario di chiusura ci accorgiamo spesso che l’aria condizionata viene lasciata accesa la notte per trovare l’ufficio fresco la mattina dopo. E se ci passiamo il sabato o la domenica? Lo stesso: l’aria condizionata viene lasciata accesa nel fine settimana per trovare l’ufficio fresco il lunedì mattina.
Inoltre troviamo spesso negli uffici pubblici riscaldamento o aria condizionata accesi e porte e finestre spalancate. E non solo adesso che a causa della diffusione del coronavirus è opportuno il ricambio dell’aria, ma sempre.
Pertanto se il Presidente del Consiglio dei Ministri Mario Draghi vuole evitare gli sprechi dei energia non si deve rivolgere ai cittadini (che già fanno il possibile per risparmiare) ma alle burocrazie, cioè a persone che, stando negli uffici pubblici, si possono permettere di sperperare perché sanno che non saranno loro a pagare le bollette.
Come al solito giungiamo sempre allo stesso risultato: il guaio più grosso che ha l’Italia è la burocrazia. Se si parla delle difficoltà ad arginare l’epidemia da coronavirus si tira in ballo la burocrazia. Se non si riesce a realizzare opere pubbliche già finanziate e si perdono i finanziamenti si tira in ballo la burocrazia.
Una burocrazia onnipotente, inutile e dannosa. La burocrazia è la palla al piede dell’Italia. La burocrazia è il “vagone frenato” che impedisce al treno dell’Italia di correre e di superare gli ostacoli.
Tutti si lamentano della burocrazia, ma nessuno parla della soluzione: licenziare i burocrati.
Perché?
Perché i burocrati votano, e tutti i politici vogliono i voti dei burocrati e i voti che i burocrati controllano. La soluzione che si potrebbe trovare, anche se utopistica, potrebbe essere questa: licenziare i burocrati e togliere a loro e alle loro famiglie il diritto di voto per un periodo abbastanza lungo, ad esempio 10 anni.

 

 

di Salvatore Cutellè

Oggi vi voglio parlare delle interruzioni stradali che vediamo quotidianamente sulle nostre strade.
In questi giorni stiamo vedendo numerose interruzioni stradali, sia per lavori di manutenzione, sia per la posa della fibra ottica.
Il problema di queste interruzioni stradali è che sono improvvise, senza preavviso. L’automobilista arriva all’interruzione e poi è costretto a tornare indietro.
Non c’è un preavviso, posto ad una certa distanza prima dell’interruzione, che gli permetta di scegliere un percorso alternativo. E’ costretto ad arrivare fino all’interruzione per poi essere costretto a tornare indietro, per cercare un percorso alternativo, magari anche su strade che non conosce, a fare giri viziosi, consumando ed inquinando.
Cosa costa alla ditta che fa i lavori mettere una tabella che avverte dell’interruzione e consente all’automobilista di cambiare strada?
Una volta mi sono fermato ed ho chiesto ad un addetto ai lavori perché non mettono una tabella con un preavviso dell’interruzione, in modo che l’automobilista possa scegliere di non prendere quella strada. Mi ha risposto che per lavori che durano un solo giorno non sono tenuti a mettere il preavviso.
Il fatto è che spesso non sono lavori che durano 1 solo giorno, e preavvisi comunque non ne mettono.
In casi normali l’automobilista si prende un’arrabbiatura, manda una maledizione al capo cantiere, e torna indietro.
Ma pensate se si tratta di un automobilista che sta portando al pronto soccorso una persona che si è sentita male o è ferita, e deve tornare indietro a cercare un’altra strada.
Pensate se ad incappare in uno di questi cantieri stradali senza preavviso è l’autista di un’autoambulanza che sta portando un paziente grave in ospedale. Deve tornare indietro e cercare un percorso alternativo. Perdendo tempo e mettendo in pericolo la vita del paziente.
E se a causa dei giri che l’ambulanza deve fare per tornare indietro e cercare un altro percorso il paziente muore? Di chi è la colpa?
E anche se si tratta di lavori che durano solo 1 giorno, chi lo dice che non accada che proprio in quel giorno un’ambulanza debba passare per quella strada?
Oppure prima di sentirsi male una persona deve informarsi sulla dislocazione dei cantieri stradali improvvisi?
Analogamente può succedere che venga costretto a tornare indietro anche un camion dei pompieri, che sono stati chiamati per un’emergenza, con l’aggravante che per il camion dei pompieri è più difficile manovrare per invertire la marcia rispetto ad un’ambulanza.
Come in altre situazioni basta fare le cose con attenzione e con cura: mettere una tabella con l’indicazione dei lavori prima dell’interruzione, ad una distanza tale che l’automobilista possa prendere un’altra strada.

 

Oggi vi voglio parlare di come vengono costruite, e di come dovrebbero essere costruite, le scuole. E’ di questi giorni la notizia dell’arrivo di finanziamenti per la ristrutturazione e ricostruzione di edifici scolastici.
Io non sono un ingegnere scolastico, per cui non sono un cosiddetto “esperto” e nemmeno un cosiddetto “competente”, però ho visto varie scuole. Le mie sono considerazioni di una persona comune.
Sono stato in una scuola di nuova costruzione in cui il preside non poteva installare il laboratorio di informatica perché in quella stanza aveva l’archivio e non aveva un posto dove spostarlo. Sono stato in una scuola di vecchia costruzione in cui c’era un piano seminterrato che veniva utilizzato come archivio, deposito, magazzino, ecc.
Se a questo si aggiunge che spesso capita di vedere scuole di nuova costruzione circondate da impalcature per lavori di ristrutturazione, dobbiamo concludere che una volta le scuole venivano costruite meglio di oggi. I materiali sono migliorati, ma i metodi di costruzione sono peggiorati.
Si parla spesso di risparmio di suolo, della necessità di costruire edifici a più piani, di non costruire edifici bassi, per evitare lo spreco di suolo. E invece vediamo in giro nuove scuolette costituite dal solo piano terra.
Pertanto per prima cosa bisogna decidersi a costruire le scuole su più piani, visto che oggi, con il cemento armato, non ci sono praticamente limiti di altezza, anche in zona sismica.
Qualche burocrate ministeriale (che probabilmente a scuola non c’è mai andato) vi dirà che “I bambini non possono fare le scale”.
Allora, visto che adesso sono di moda gli “Istituti comprensivi”, che comprendono scuole di diverso ordine, si può costruire un edificio in cui al piano terra c’è la scuola materna (con eventuale giardino), al primo e secondo piano c’è la scuola elementare, al terzo e quarto piano la scuola media, dal quinto piano in su la scuola superiore, e poi la scuola serale, ecc. Si possono costruire edifici che contengono più scuole superiori (liceo, istituto tecnico, istituto professionale, ecc.) eventualmente con ingressi separati.
Visto che si consuma il suolo conviene sfruttarlo bene, per cui bisognerà prevedere un piano seminterrato, ed eventualmente anche un piano sotterraneo, da utilizzare come deposito, magazzino, archivio, ecc. Nel piano sotterraneo si possono anche installare delle cisterne (con le relative pompe per mandare l’acqua ai vari piani) come riserva di acqua potabile, visto che quando, per qualche motivo, manca l’acqua, si è costretti a mandare a casa gli alunni.
Una volta calcolato il numero di aule necessarie conviene prevedere un piano in più rispetto a quelli calcolati. Un piano da tenere vuoto e da utilizzare in casi di emergenza.
Al piano terra occorre prevedere un porticato, in modo che, in caso di pioggia, gli alunni possano attendere al coperto l’orario di apertura.
Sopra l’ultimo piano ci sarà una terrazza coperta, che serve sia come spazio d’isolamento, sia per attività fisica all’aperto. Vi si può anche posizionare qualche serbatoio d’acqua potabile per il caso in cui manchino sia l’acqua che l’elettricità.
Al di sopra vi si installeranno pannelli solari fotovoltaici per la produzione di elettricità. Eventualmente anche pale eoliche. Si installeranno anche le antenne per ricevere i programmi televisivi, tradizionali e satellitari.
Ogni piano avrà la sua palestra, per le attività di educazione fisica individuale e per altri usi eventuali, mentre per gli sport di squadra ci sarà una palestra comune per tutta la scuola, o anche più di una.
Gli impianti elettrico, idraulico, di riscaldamento, telefonico, ecc., dovranno essere sezionabili. L’impianto di ogni singolo piano deve partire da una centrale posta a piano terra, ed ogni singolo piano dovrà poter essere isolato in caso di necessità. Nel caso si installino scaldabagno elettrici dovranno essere del tipo “termoelettrico”. I tubi dei cavi elettrici dovranno permettere di sfilare e infilare i cavi elettrici con facilità in caso di bisogno. Le prese elettriche dovranno essere del tipo multistandard, in cui entrano sia le spine piatte (grandi e piccole) sia le spine rotonde. Un tubo per cavi elettrici vuoto dovrà esser passato sulle pareti dei corridoi di ogni piano, per eventuali usi futuri. Dovrà essere prevista l’installazione di un gruppo di continuità per proteggere il sistema di allarme, il sistema di videosorveglianza e le apparecchiature informatiche in rete.
Le finestre dovranno essere di grandi dimensioni, per sfruttare al meglio la luce solare, ed in caso di necessità dovranno essere facilmente oscurabili, mediante l’installazione di veneziane esterne fisse orientabili.
Le porte dei bagni non dovranno avere normali serrature le cui chiavi sempre si perdono, ma chiavistelli come quelle dei bagni dei treni, che possono essere chiusi dall’interno, ma aperti dall’esterno con una chiave particolare in caso di emergenze. Visto che spesso i bagni vengono usati per fumare dovranno essere dotati di sensori di fumo.
Le finestre del piano terra e del piano seminterrato dovranno essere protette da grate metalliche e dotate di vetri antisfondamento. Dovrà essere installato un impianto di allarme anti intrusione. Gli spazi esterni ed i corridoi dovranno essere sorvegliati da telecamere, con registrazione 24 ore in locale protetto accessibile solo all’autorità giudiziaria.
L’edificio dovrà essere dotato di almeno 2 rampe di scale e di almeno 2 ascensori, oltre che delle scale d’emergenza esterne.
Il pavimento dovrà essere in materiale resistente all’usura, al calpestio e allo spostamento di mobili ed arredi.
La ditta che effettuerà la costruzione dovrà dare una garanzia almeno decennale sulla corretta esecuzione dei lavori.
Nel caso in cui l’edificio sia dotato di parcheggio dovranno esser previsti accessi separati per i veicoli e per i pedoni.
Nel caso in cui l’edificio sia dotato di giardino vi si dovrà installare idoneo impianto di irrigazione, ed eventualmente scavare un pozzo dotato di pompa.
Nel giardino dovrà essere costruita una serra per uso didattico, con le pareti e il tetto trasparenti. Vi si dovrà installare anche una compostiera per il compostaggio dei rifiuti organici prodotti dalla scuola.

 

 

Oggi vi voglio parlare del problema della sanità che non funziona in Calabria (ma anche nel resto d’Italia).
Ormai è noto che il problema della sanità è un problema di soldi, ma non (come comunemente si crede) dei soldi che mancano, ma dei soldi che ci sono. Ce ne sono anche troppi, e questo genera gli appetiti delle varie mafie e delle burocrazie, ed induce a spendere e sperperare senza attenzione.
E' significativo l'omicidio dell’allora vicepresidente del Consiglio Regionale calabrese, nonché primario del pronto soccorso dell'ospedale di Locri, Francesco Fortugno, di 54 anni, avvenuto a Locri il 16 ottobre 2005, perchè era un personaggio scomodo per gli interessi politico-mafiosi.
Ricorderete qualche anno fa la polemica sulle spese delle ASL: quello che una ASL pagava 200 un'altra ASL lo pagava 1000, e così via.
La situazione si è ulteriormente aggravata in questo periodo di epidemia da coronavirus.
Chi la sera di domenica 9 maggio 2021 ha visto in televisione, sul canale La7, il programma “Non è l’Arena”, condotto da Massimo Giletti (in cui erano presenti come ospiti, tra gli altri, il Sindaco di Napoli Luigi De Magistris, il presidente della Commissione Antimafia Nicola Morra, il giornalista calabrese Lino Polimeni) ha potuto farsi un’idea del disastro in cui versa la sanità in Calabria, e, probabilmente, nel resto d’Italia.
Vi voglio raccontare un semplice episodio, in sé banale, risalente ad oltre 20 anni fa, che dimostra come il disastro della sanità ha origini antiche.
Il direttore dell’ufficio per cui lavoravo allora mi aveva incaricato di seguire l’acquisto di una apparecchiatura informatica, di contattare le varie ditte affinché mandassero le loro offerte. Lo dissi anche ad uno studente universitario che conoscevo e che guadagnava qualcosa collaborando con un negozio di informatica.
Arrivate le offerte il direttore mi chiama, apriamo le buste con le offerte e assegniamo la fornitura alla ditta che ha offerto il prezzo più basso.
Il direttore nota che tutte le ditte hanno offerto un prezzo più basso del prezzo di listino, mentre l'offerta inviata dallo studente aveva il prezzo di listino.
Quando incontro lo studente gli faccio notare la cosa e lui mi dice: "Ho messo il prezzo di listino perché sei tu. Noi vendiamo di solito alle aziende sanitarie, e applichiamo dei prezzi più alti del prezzo di listino".

 

 

Oggi vi voglio parlare di nuovo dei danni provocati dalla burocrazia. In questi tempi di pandemia da coronavirus tutti si lamentano della burocrazia e dei danni che i burocrati provocano rallentando o impedendo le procedure. Ma nessuno parla della soluzione: licenziare i burocrati.
Infatti i burocrati sono troppi, si intralciano a vicenda, sono inutili, e, rendendosi conto della loro inutilità, per far veder che lavorano, si inventano continuamente riforme e riformicchie, provocando danni.
I burocrati, per loro natura, non stanno in mezzo alla gente, ma stanno negli uffici, e non conoscono la realtà; più sono in alto e meno capiscono delle cose che dovrebbero gestire. Quindi i peggiori sono i burocrati dei ministeri romani, che sono quelli che fanno più danni, sia perché sono i più lontani dai cittadini, sia perché la loro opera malefica si espande su tutto il territorio nazionale. Peggio dei burocrati romani ci sono solo i burocrati dell’Europa, ancora più lontani dalle realtà locali. Ad esempio quando si tratta della regolamentazione della pesca credono che la pesca riguardi solo il Mare del Nord o l’Oceano Atlantico, dimenticandosi che esiste anche il mare Mediterraneo. Quando si tratta della cura delle foreste credono di avere a che fare solo con le foreste della Norvegia. Ma anche i piccoli burocrati dei comuni si danno da fare, per procurare danni nel loro piccolo ambito comunale. Tempo fa mi capitò di leggere un bando per la fornitura di alimentari per la mensa scolastica di un comune: c’erano elencati solo prodotti di marche che facevano pubblicità in televisione. Una lista che avrebbe fatto inorridire qualunque casalinga.
Ma torniamo ai nostri burocrati “nazionali”. Certamente ricorderete che negli uffici postali c’era un vetro che separava il pubblico dagli impiegati. Poi qualche ignoto burocrate di qualche ministero romano decise di “umanizzare” il rapporto tra i clienti e il personale, di avvicinare il pubblico agli impiegati, e per fare questo fece togliere i vetri.
Adesso, per evitare il contagio da coronavirus hanno dovuto rimettere i vetri in tutta fretta, con conseguente doppia spesa per i cittadini: prima per togliere i vetri, poi per ricomprarli.
Qualcuno potrebbe dire: “Quando hanno tolto i vetri non c’era il coronavirus, e non era nemmeno prevedibile”.
E’ vero.
Però c’erano in circolazione altri virus, come quello dell’influenza stagionale, e gli uffici postali erano comunque affollati da persone anziane che andavano a ritirare la pensione. 

Salvatore Cutellè

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Oggi vi voglio parlare di come a volte si danno giudizi affrettati sugli altri e sul loro comportamento. Vi parlerò di una commedia vista in televisione molti anni fa. Allora la televisione era in bianco e nero e c’erano solo i 2 canali della RAI, non c’era molta scelta, per cui si guardava quello che c’era. In televisione c’era anche la prosa, varie commedie, anche americane e russe, che si guardavano ugualmente, anche se non c’era azione e colpi di scena, e avevano un andamento molto lento.
C’erano le commedie di Anton Čechov, di Arthur Miller, di Carlo Goldoni.
Ricordo i titoli di alcune commedie: "Vita col padre", "Casa di bambola", "Morte di un commesso viaggiatore", "Il giardino dei ciliegi".
Ricordo una commedia ambientata in periodo natalizio. Si svolgeva in una famiglia media americana. In questa famiglia si aspettava la visita di uno zio molto ricco, e intanto si chiacchierava. Si criticava questo zio, che nonostante fosse molto ricco, come regalo di Natale portava sempre una semplice cassetta di arance. Si chiedevano cosa ne facesse di tutti i suoi soldi.
Arriva lo zio che porta la solita cassetta di arance e si comincia a chiacchierare.
Ad un certo punto lo zio nota un comportamento che gli sembra strano in uno dei bambini della famiglia. Convince i genitori a farlo visitare da un medico e si scopre che il bambino ha una malattia molto grave, e che ha bisogno di cure molto costose.
Lo zio lo fa curare a sue spese. E il bambino guarisce.
Alla fine della commedia lo zio muore. Una parente che si occupa di sistemare le cose dello zio trova un diario di appunti dello zio e scopre come spendeva i suoi soldi e lo rivela agli altri parenti. Si occupava delle cure mediche di bambini poveri ammalati, spendeva i suoi soldi per curare questi bambini. Nel diario c'erano i nomi di tutti i bambini che aveva fatto curare. Legge i nomi dei bambini e le cure che hanno avuto. L'ultimo è quello del bambino della famiglia. Tocca a lei scrivere su quel diario per l’ultima volta la parola “guarito”.

Salvatore Cutellé
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