«Da ragazza, in una sede staccata in Calabria, ho frequentato una scuola di taglio e cucito di gran moda, "Le grande Chich", di Bologna, conseguendo il diploma. Mi piace la creatività: una cosa vecchia e usata la modifico e realizzo un qualcos’altro»,
- E, così, da creatività in creatività siamo arrivati alla poesia?
«Io ho avuto sempre la passione per lo scrivere, infatti scrivevo fin da ragazza. Purtroppo cestinavo, non volevo che nessuno leggesse i miei pensieri, non so il perché, e così ho perso tante poesie, perché quando arriva una poesia o un pensiero in testa, anche se la riscriviamo, non sarà più uguale a prima. Poi, piano piano, ho iniziato a conservare i foglietti, ma li nascondevo forse per paura, che leggendoli a qualcuno non potessero piacere. Un giorno una mia amica li ha letti e mi ha detto che li avrei dovuti stampare e mai buttare, perché miei pensieri e anche interessanti».
- Il tuo libro di poesie racconta anche di Zelinda, divenuto una sorta di nome d’arte per te. Chi è Zelinda?
«La storia inizia dai lontani anni Sessanta, quando frequentavo la scuola elementare. L’insegnante aveva due nipoti, che abitavano a Zurigo e venivano due volte l’anno al paese a trovare i nonni, nelle vacanze natalizie e in quelle estive. Le due ragazze si chiamavano Rosanna e l’altra Zelinda. A me piaceva tanto quel nome e un giorno le dissi: “Quanto vorrei chiamarmi Zelinda!”, e lei mi rispose: “E io Rosanna”, e così ci siamo scambiati i nomi. Ovviamente, come tutti i ragazzini lo dissi a casa. I miei fratelli dapprima mi presero in giro, poi pian piano iniziarono pure loro a chiamarmi Zelinda. A me piaceva tanto quel nome e, nello stesso tempo, sognavo che anch’io, un giorno, sarei potuta andare al mare, essere ben vestita come loro, ma quello che sognavo di più era che i miei genitori un giorno potessero stare bene economicamente e permettersi tutte le comodità della famiglia di Zelinda. Il nome Zelinda lo portai con me fino all’età più o meno di 15 anni, poi i miei fratelli emigrarono al nord e il nome Zelinda, pian piano, è andato a sparire, non c’era più nessuno in casa che mi chiamava così».
- E poi come riappare?
«Il nome Zelinda è stato accantonato, quasi non l’ho ricordavo più. Pochi anni fa, mio fratello venuto a farmi visita, mi disse: "Ciao Zelinda, come va?". Io mi sono emozionata, non ricordavo più questo nome, e mio fratello aggiunse: "Per me sei rimasta Zelinda". Da quel giorno questo nome ritornò a galla e ora mi appartiene definitivamente».
- Ma, ritorniano al coraggio di scrivere o meglio di pubblicare ciò che tu definisci i tuoi pensieri...
«Ho fatto stampare un libro per uso familiare e poi ne ho pubblicato un secondo. Ho continuato a scrivere ed ho oltre 100 poesie e aforismi Adesso sto lavorando su un racconto deducato ai miei bisnonni, nonni e genitori, parla di grandi amori, di morte e di morte per amore. Ancora non è finito, spero di completarlo al più presto».
- Hai partecipato al mondo degli incontri poetici?
«Ho partecipato a vari concorsi di poesia. Da due anni al concorso internazionale "Tropea Onde mediterranee", al primo concorso con la poesia intitolata “Il percorso”, inserita nell’antologia del premio, edizione 2018, e il secondo anno con due poesie dal titolo: “L’abbraccio” e “L’albero spoglio”, pure queste pubblicate nell’antologia, edizione 2019. Nel mese di agosto dello stesso anno, al castello Galluppi di Caria di Drapia, ho partecipato alla manifestazione "Drapia in vernacolo", organizzata sempre dall’associazione "Tropea Onde mediterranee", col patrocinio dell’amministrazione comunale, dove ho ricevuto un attestato; ho partecipato anche all’edizione del calendario 2020»..
Mela Zelinda collabora con l' associazione "Nostos", soprattutto in questo periodo difficile per il nostro Paese, stretto nella morsa di un virus di origine ignota e che, in pochi mesi, ha invaso quasi tutto il mondo. Ci aiuta con la sua creatività in cucina e con la poesia a tenerci compagnia, costretti da una quarantena che presto finirà, così come è arrivata, e con l’ augurio che si possa tornare a vivere una nuova era con più consapevolezza e solidarietà, la stessa che stiamo mettendo in questo lavoro.