Il mondo della cultura comprende, ed a buon diritto, le tradizioni popolari che si trasmettono oralmente nel tempo e nello spano la umile e semplice sensibilità del popoIl mondo della cultura comprende, ed a buon diritto, le tradizioni popolari che si trasmettono oralmente nel tempo e nello spazio di generazione in generazione e che rivelano la umile e semplice sensibilità del popolo espressa in poesia e nel canto. La disciplina che tende a raccogliere e a studiare nel loro svolgimento le tradizioni popolari è il folklore.
Questo campo della cultura è nato come disciplina nell’Ottocento. Il folklore appunto si occupa di porre all’attenzione dei più le espressioni sentimentali e religiose del popolo contadino che scaturiscono attraverso la poesia in vernacolo e il canto. Poesia e canto sono forme nelle quali il popolo della campagna nella sua semplicità trasfonde tutto il suo essere più intimo e più puro.
Il più autorevole ed insigne folklorista che vanta l’Italia fu il siciliano Giuseppe Pitré. In Calabria per quanto riguarda la letteratura popolare, degno ed illustre rappresentante fu Nicola Misasi, il quale ha definito il canto popolare calabrese “poesia dei pini e degli abeti”. La letteratura popolare s’incentra in tutto ciò che vive e si diffonde in mezzo al popolo. La caratteristica primaria della letteratura popolare è costituita dalla genuinità e dalla spontaneità espressiva, il che bandisce ogni ricercatezza e mette in luce tanta incomparabile bellezza.
Il mio proposito però non è quello di divagare nei meandri delle tradizioni popolari, nella storia delle tradizioni popolari, sarebbe troppo arduo. Il mio scritto vuole mettere in luce dei canti o “laudi” che a Rogliano sono ben conosciuti e che i devoti di Sant’Antonio, della Madonna del Carmine e della Madonna delle Grazie, cantano in chiesa durante i novenari. Questi canti che si possono annoverare tra le cosiddette antiche “Laude” proprio perché cantate allo spuntar dell’alba o a vespro in onore del Signore e dei Santi. I nostri canti o “laude” sono appunto di argomento religioso che vengono cantati rispettivamente durante la tredicina di S. Antonio e durante la novena della Madonna delle Grazie e della Madonna del Carmine. Non si può stabilire la data della loro composizione, certo è che da tempo si tramandano da una generazione all’altra, anche se nel nostro tempo pochissime persone, soprattutto di una certa età esprimono la loro religiosità, cantando appunto queste bellissime “laude”.
Se ci si rifà ai Francescani cappuccini che fondarono nell’abitato di Rogliano un convento nel 1569, distrutto dal terremoto del 1638 e che ebbero poi un terreno sul timpone di S. Croce, dove fondarono un altro convento, adesso esistente ma diroccato con attigua Chiesa, dedicata alla Madonna del Carmine, si potrebbe stabilire una data per quanto riguarda la composizione di questi canti. Certo, la devozione verso il Santo padovano e verso la Vergine da parte dei roglianesi è stata sempre grande e sentita. Un tempo si usava celebrare la novena di Sant’Antonio proprio presso la chiesa del convento; ancora si usava trasportare in processione la statua del Santo, custodita nella nicchia di un artistico altare in legno dedicato allo stesso santo e nella chiesa suddetta per la tredicina di giugno, a San Domenico. Quando in seguito la chiesa del convento venne interdetta dal Vescovo di Cosenza Monsignor Nogara, la statua venne dislocata nella chiesa di San Domenico.
La lauda dedicata a Sant’Antonio ha il titolo: “’U rusariu de Sant’Antoniu”. E’ una composizione in quartine con versi a rima baciata ed altri in rima libera, che osserva perfettamente un certo ritmo; i versi delle prime quattro quartine sono degli ottonari, gli altri delle ultime due sono degli endecasillabi. Il “rusariu dà Madonna du Carminu” è una composizione formata da una sestina e due quartine in versi endecasillabi, mentre quello dedicato alla Madonna delle Grazie è composto anche in versi ottonari e la seconda strofa è in lingua.
Il “rusariu de Sant’Antoni” mette in luce l’umile e grande personalità del Padovano e le sue sublimi doti virginee, perciò il Bambino Gesù si degnò di restare nelle sue braccia a riposare: “Gesù Cristu s’addignau// tridici ure cce ripusau”// così la composizione poetica. Oltre a ciò vengono messi in evidenza alcuni miracoli del santo e cioè quello della mula di un certo Bovillo da Rimini, che si inginocchia davanti all’Ostia Santa per affermare la presenza di Gesù nella particola consacrata: “facisti gninucchiare l’animali” e la predica sul mare di Rimini ai pesci, per indurre gli infedeli eretici a convertirsi alla vera fede: “poi jisti a predicare all’infedeli”. Nell’umili “laude” non manca la richiesta di grazia da parte dei devoti espressa con una infinita tenerezza.
La preghiera stessa rivolta al Santo e alla Madonna, viene espressa con grande familiarità e spontaneità dai devoti e nello stesso tempo con la certezza di essere esauditi: “Sant’Antoni meu dilettu// tegniu fide, e cosa certa// Sant’Antoni me pruvvida// Alli bisogni chi me vida”.
E negli altri due canti ecco la richiesta di grazie: “’U rusariu da Madonna de ‘u Carminu: “Mmenzu st’ataru c’è na gran regina// Madonna de ‘u Carminu se chiama// chine ne circa grazie ninne duna// chine ha lu core affrittu ci lu sana” e nel “Rosario alla Madonna delle Grazie” ecco la richiesta: “Madonna de ue Grazie// E funtana d’ogne grazia// Duve ttie vegnu ppe grazie// o Maria famme grazia//. Famme grazie, o Maria// Chi te ficia l’Eternu Patre// e tte ficia Matre de Diu// Famme grazie, o Maria”.
La richiesta è quasi perentoria ma sentita. Sono versi, per chi riflette, di una genuina freschezza e di una incomparabile originalità che possono essere espressi attraverso l’umile idioma del cuore, del dialetto in genere spesso ingiustamente disprezzato che, come il nostro, ha una fiorita letteratura popolare di arte che doverosamente bisognerebbe conoscere ed apprezzare.
Rosario di Sant’Antonio
Sant’Antoni meu benignu, prutetture de tuttu lu Regnu
e ‘llu toi biancu gigliu e la tua verginità.
Gesù Cristu s’ha dignau tridici ure se ripusau
tridici grazie cuncediu e cuncedene una a mie recitannu l’Ave Maria.
Sant’Antoni meu dilettu tegnu fide e cosa certa
Sant’Antoni me pruvvida alli bisogni che me vida.
Sant’Antoni meu divinu ‘mbrazza teni stu bumminu
ci lu teni consacratu, Sant’Antoni meu avvucatu.
Oh, Sant’Antoni nobile e gentile,
cumu na serva te vegnu a pregare
alle vrazzulle toi vogliu venire
ppe l’Ostia chi jisti a cunsacrare.
Po jisti a predicare all’infedeli
facisti ‘nginucchiare l’animali
chist’è la verità, no menzunia
famme la grazia Sant’Antoni miu.
Alla Madonna del Carmelo
‘Mmenzu st’altare c’è na gran regina
Madonna deu Carmine se chiama.
Chine le circa grazia l’inne duna
chine ha lu core afflittu ci lu sana
ed eu Madonna tinne circu una
l’anima bona e lu core chi t’ama.
Madonna deu Carminu Maria
senti chi dicia sta divota tua
l’alma e lu core l’haiu data a tie
Madonna deu Carminu Maria.
Madonna deu Carminu chi poi
ma de scansare a mie de pene e guai
e minne preghi lu Figliolu toi
ca li bisogni mei tutti ‘lle sai.
Le ultime due strofe si ripetono per ben dieci volte.
Rosario cantato della Madonna delle Grazie
Gloria a vue ‘u Patreternu,
gloria a vvue figliol divino
gloria a vvue spiritu supremu
gloria a vvue sempre sarà,
e per tutta l’eternità!
O core amabilissimo del caro mio Gesù
e il vostro amore dolcissimo
io lo voglio sempre più
dolce cuore del mio Gesù
fa ch’io t’ami sempre più
dolce cuore di Maria
fa che t’ami l’anima mia.
‘Stu mio core sta scunfusu
ca t’haiu tanto offeso
e mo nun t’offendo più
Sacro Cuore del mio Gesù.
Madonna de ue Grazie
e funtana d’ogni grazia
duve ttie vegnu ppe grazie
‘o Maria famme grazia.
Famme grazie ‘o Maria
chi te ficia l’eternu Patre
e tte ficia Madre de Dio
famme grazie o Maria.
Le ultime due quartine si ripetono dieci volte.
Nella foto, festa della Madonna delle Grazie a Rogliano