di Giuseppe Pizzuti
La I domenica di luglio (quest'anno il 4), a Panettieri, il più piccolo comune della provincia di Cosenza, che si trova nel cuore del Savuto, si celebra la Festa di San Carlo Borromeo, Patrono del paese.
Dopo la celebrazione della Santa Messa, i Panetteresi portano la statua del Santo in processione per le strade del paese. La sera, la piazza è animata dalle note di un'orchestrina, dal profumo dei dolci tipici, dal colore delle bancarelle e dalla magia dei giochi pirotecnici. Quest'anno, però, i tradizionali riti religiosi e le manifestazioni civili devono tener conto delle misure anti-contagio.
Chiesa dedicata a San Carlo Borromeo
Carlo Borromeo nasce nel 1538 ad Arona (provincia di Novara): è il secondo figlio di una famiglia nobile, ricca e soprattutto profondamente religiosa. Secondo l'uso delle famiglie nobiliari, quando ha solo 12 anni (e sua madre è morta già da tre) riceve l'abito clericale e la tonsura, e viene nominato abate commendatario di un'abbazia di Arona, ovvero diventa destinatario dei redditi prodotti dall'abbazia. Nonostante sia ancora giovane, però, è già così pio da decidere di devolvere questa rendita ai poveri. A 14 anni va a studiare a Milano e poi a Pavia: studente brillante, si laurea in diritto canonico e diritto civile nel 1559. In quello stesso anno, con il nome di Pio IV viene eletto papa Giovanni Angelo Medici, zio materno, che, subito invita a Roma il ragazzo e il fratello maggiore Federico. Alla morte del fratello, essendo Carlo il figlio maschio più anziano, sembra destinato ad abbandonare l'abito clericale per sposarsi e avere figli che proseguano la dinastia familiare. Egli, però, rifiuta con decisione la prospettiva, viene ordinato sacerdote nel 1563 e nello stesso anno è anche consacrato vescovo, mentre l'anno successivo è "annunciato" arcivescovo di Milano. Non prende possesso della sede, però: ha l'obbligo di rimanere a Roma e di continuare a "governare" la diocesi da amministratore apostolico.
Durante gli anni "romani", il suo più grande merito è di aver convinto lo zio papa a "riaprire", nel 1562, il Concilio di Trento, dopo una pausa di dieci anni. E l'impegno del Borromeo ci permette di considerarlo uno dei maggiori promotori della Controriforma, cioè la "riscossa" della Chiesa cattolica alla Riforma protestante.
Nel 1566, finalmente il cardinale giunge a Milano, dove trova una situazione di grande degrado. Durante il suo lungo episcopato, salvaguardia e, dove necessario, rinnova i costumi morali del clero e del popolo, secondo le direttive del Concilio. Inoltre, costruisce e rinnova chiese e santuari, apre scuole e ricoveri e compie molte visite pastorali, nonostante le distanze, la fatica e le difficoltà dei viaggi.
La peste del 1576 segna il punto più importante dell'impegno del Borromeo per Milano. Assente dalla città perché in visita pastorale, rientra subito, mentre il governatore spagnolo e il gran cancelliere fuggono via. Organizza l'opera di assistenza, visita personalmente e coraggiosamente i colpiti dal terribile morbo, aiuta tutti instancabilmente. Questa epidemia drammatica non va confusa con quella ancora più terribile del 1630, descritta da Alessandro Manzoni nel suo capolavoro "I promessi sposi", che flagellerà Milano quando vescovo della città sarà il cardinale Federico Borromeo, cugino di Carlo, anch'egli citato nel romanzo.
A causa della sua attività pastorale senza sosta, dei frequenti viaggi, delle continue penitenze, la sua salute peggiora rapidamente. La morte lo coglie il 3 novembre 1584, a soli 46 anni, nella "sua" Milano, lasciando tutto il patrimonio ai poveri. Nel 1610 viene canonizzato da papa Paolo V.