di Giuseppe Pizzuti
L'ultima domenica di luglio (quest'anno il 25), a Malito, piccolo centro della Valle del Savuto, si celebra la festa più attesa, quella in onore del Patrono, Sant'Elia, il più celebre profeta del Regno d'Israele.
Dopo la celebrazione della Santa Messa, i Malitesi portano la statua del Santo in processione con fiaccolata, accompagnata dalla banda musicale, nel circuito urbano e extraurbano. Dopo la processione e i fuochi d'artificio, per le vie del paese, al suono dei tamburi, gira "a signora du sparu",un fantoccio di carta velina, che, al pari di quanto accade in diverse latitudini europee e mediterranee, alla fine viene bruciato, perché sacro e profano trovano il loro punto di contatto nelle tradizioni popolari. In passato, questa manifestazione serviva come augurio per un buon raccolto.
Alla sera ci sono musiche e canti, giochi popolari e la sagra dello spezzatino, che permette di gustare dell'ottima carne prodotta localmente e cucinata secondo antiche ricette contadine.
Quest'anno, però, i tradizionali riti religiosi e le manifestazioni civili dovranno tener conto delle restrizioni, a causa dell'emergenza pandemica.
Elia (il cui nome significa "il mio Dio è Jahvè") nacque verso la fine del X secolo a.C. e visse sotto il regno di Acab, che, per smania di potere e amore della fenicia Gezabele, donna astuta e crudele, si mise contro il Signore e, su istigazione della regina, impose il culto del dio fenicio Baal. Elia si presentò davanti al re ad annunciargli, come castigo di Dio, tre anni di siccità e carestia. Trascorsi i tre anni, ritornò dal re e lanciò la sfida, sul monte Carmelo, ai profeti di Baal. Quando sul solo altare innalzato da Elia si accese prodigiosamente la fiamma e l'acqua invocata a Dio scese a porre fine alla siccità,il popolo linciò i falsi sacerdoti di Baal.
Elia credette giunto il il momento del trionfo di Jahvè e, per evitare l'ira della furente Gezabele, fuggì nel deserto. Il suo lavoro, la sua stessa vita gli apparvero inutili e chiese a Dio di morire. Ma un angelo lo confortò, porgendogli una focaccia e una brocca d'acqua; poi Dio stesso gli apparve, restituendogli l'indomito coraggio.
Il fiero profeta, che indossava un mantello di pelle sopra un rozzo grembiule stretto ai fianchi, come otto secoli dopo vestì il precursore di Cristo, Giovanni Battista, di cui è la prefigurazione, tornò con rinnovato impegno in mezzo al popolo di Dio. La sua opera di riedificazione spirituale venne portata avanti con pieno successo dal suo discepolo Eliseo, al quale comunicò la chiamata divina mentre si trovava nei campi dietro l'aratro, gettandogli sulle spalle il suo mantello. Eliseo fu anche l'unico testimone della misteriosa fine di Elia. Egli non morì: il Signore lo rapì in cielo in un turbine di fuoco. Elia, dunque, venne assunto in cielo, come avverrà per Gesù.