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Saggio in prosa a cura di Francesco Vetere

(Parte seconda)


È necessario, in questo inizio della sua formazione filosofico-spirituale, allargare lo spettro della propria introspezione psicologica con un raffronto ideologico, ma non polemico , con il massimo esponente della Cristianità, ovvero quel S.Agostino, che fonda il suo scetticismo esistenziale nella convinzione che l'uomo diventi corrotto a causa del peccato originale e che la felicità non abbia alcuna correlazione corporea, ma piuttosto con l'anima, dispensatrice della pace "post mortem" e dopo l'approdo nella Città di Dio. La Storia, per il Vescovo d'Ippona, è interpretata secondo ottica cristocentrica, come un'evoluzione che fatalmente ha termine con la seconda vita di Cristo e l'inelluttabile fine dei Tempi.

Gioacchino, in virtù della sua innata sensibilità, prefigura la comparsa di una Terza Età di pace, recante armonia, libertà di pensare ed equità sulla Terra, secondo i crismi di una perfetta "Città terrena"sotto l'egida e centralità di confluenza nel "Tutto"e identificantesi con la Divina Trinità.

Proprio per questo, il messaggio tramandatoci "dall'Abate per antonomasia" è ancora vivo nell'attuale Società, la cui filosofia di vita è piuttosto schermata dall'oblio verso quella conoscenza che invece Egli ha trasmesso fulgida e piena di solidissimi principi, intrisi di giustizia e di solidale convivenza.

Tale convivenza si riverbera in un crogiolo di simboli, sia essi letterali o geometrici e pittorici, da cui trapelano molti fatidici passaggi della spirituale odissea dell'uomo.

Tutto ciò viene configurato attraverso un'iconografia che rappresenta lo "Speculum Christi" del pensiero gioachimita, in cui le figure vengono concettualizzate nella loro interpretativa essenza e dove la conoscenza si arricchisce di profonda spiritualità.

Il " Corpus iconografico " di Gioacchino, ovvero il Liber Figurarum, racchiude una simbologia che per disserrarla necessita di una complessa chiave deduttiva di matrice teologica o ermetica.

Lo "Spirito profetico" del Mistico florense si coagula intorno ai simboli da Lui creati, da cui scaturiscono i criteri esegetici per comprendere la sua originale visione, ispirata e costruita sulla Teologia trinitaria della storia e sull'effetto salvifico della Bibbia.

La disamina di questo metodo interpretativo non è semplice, poiché impone un orientamento di pensiero che utilizzi una forte applicazione del sistema esegetico dell'Abate e che combaci, in sesto stretto, con l'originale gioachimita. 

Ad esempio, nella "Expositio ad Apocalipsem", sua opera maggiore, il metodo interpretativo si basa essenzialmente non nel cogliere il significato "a senso" e "alla lettera", quanto in una significativa ricerca, minuziosa ed analitica. Tale originale metodologia deduttiva consente a Lui di interpretare l'Apocalisse, uscendo fuori dai rigidi canoni proposti dal Cristianesimo latino, pur mantenendo la dimensione spirituale e morale dell' immensa allegoria apocalittica dell'Apostolo Giovanni. 

La sua idea sull'Apocalisse giovannea si focalizza nella convinzione che questa rappresenti una premonizione dei progetti divini di far concepire agli uomini la Storia secondo la sua personale ed innovativa concezione percettiva. 

Gioacchino rifiuta il metodo logico della filosofia scolastica, indirizzando il suo studio esegetico verso una simbologia espressiva con forte matrice biblica, ovvero Egli utilizza i simboli come utili mezzi per meglio approcciarsi ai Misteri trinitari ed alle sue connessioni storiche, rapportando ogni riferimento alla Bibbia, sacro Scrigno di tutte le Verità.

Tali metodi, palesati nel citato testo apocalittico, hanno avuto un lunga scia di seguaci, estasiati dalla teoria sulla salvezza e dalla visione catastrofica e profetica dell'esistenza, che costituiscono, "ancora oggi", un messaggio pregno di luminose e profonde percezioni.

Alla luce di quanto esposto, s'impone una doverosa considerazione su cui affermare se l'Abate debba essere ritenuto in originale esegeta oppure un predestinato, a cui è propria una particolare sensitività, connaturata oppure permeata da una capacità intellettiva, originata solo dalla forza della mente.

La maggior parte degli studiosi gioachimiti concordano nel definirlo un lungimirante e saggio esegeta, dotato di spiccate capacità di analisi interpretativa, separando le facoltà divinatorie da quelle intellettive.

Egli non utilizza la decodifica letterale delle Sacre Scritture antiche mediante un metodo allegorico, ma pur non applicandola totalmente, ritiene che la trattazione del discorso biblico non debba essere estesa, in virtù del suo interpretativo codice, anche alla Letteratura sapienziale dell'Antico Testamento nonché al Nuovo.

Da ciò si evince una libertà intellettuale nel commentare i Libri Sacri, separando il commento reale dal testo, creando in tal modo una catena di congiunzione lungo la quale far scorrere i misteri dei due Testamenti ( Concordia duorum Testamentorum ), correlandoli con la storia dell'umanità sotto l'aspetto mistico e scientifico.

La sua fama di Profeta viene riconosciuta da tutta la componente religiosa e laica del mondo medievale, affinché il profetismo gioachimita , studiato impropriamente, non debba essere assolutamente inteso con la capacità di divinazione del futuro, ma come messaggio mediante la parola, secondo la "grande arte del dire " dei Profeti del Vecchio Testamento.

 



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