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Da "Monachesimo illuminato" di F. Vetere
 
Uno scenario di profonda e religiosa spiritualità si apre nel Secolo di maggior fioritura di un nuovo sentimento che esalta i valori umani, non più contaminati da egoistici interessi ma densi di nuovi fermenti che esaltano i principi etici di povertà e carità.
Fobica ossessione del peccato invade l'animo dell'uomo nella spasmodica brama di allontanarsi dai piaceri terreni per elevarsi alla sua naturale essenza.
Filosofia, Arte e Letteratura sono pervase da mistico scetticismo, quali espressione di un mondo pregno di ingiustizie sociali e di esasperato laicismo, ma anche propagatrici etiche di Fede onde affidarsi alla divina protezione.
 

Fausti auspici di epocale cambiamento vengono tratti dal grande pontefice Innocenzo, propugnatore di una Chiesa sovranista protesa al recupero di spirituali ideali nella loro integra e adamantina purezza.
Il papale disegno trova forte sostegno in due distinte Confraternite, francescane e domenicane, accomunate da mistico desiderio di servire Iddio, attraverso anche il neofitismo degli Ordini mendicanti.
 

Il fatidico passo verso l'agognata conversione lo spinge a far penitenza in primis verso l'emarginata e sofferente umanità, per poi dedicarsi ad accettata e serena obbedienza con cristiana virtù.
FRANCESCO nasce da benestante alveo familiare, come privilegio nei confronti dello stato indigente di molta parte della società del tempo, ma si converte ben presto ad una pauperistica esistenza, meditando sulle sacre parole del Vangelo, dopo rinuncia ai fallaci agi di un'opulenza che non da' felicità ma solo desolanti vuoti dell'anima.
Per la qual causa il futuro Santo diviene luminoso Faro per l'umanità reietta o anche nuovo Sole, i cui raggi illumineranno la sua Confraternita nel tracciato di un solidale empito di benefico e umano contributo.
Il Divin Poeta, attratto dalla forte personalità di S. Domenico e S. Francesco, in un Canto del Paradiso esalta le loro figure, definendo l'Uno avvolto da "cherubica luce" e l'Altro pervaso da "serafico ardore".
Pacato senso di obbedienza pervade il Giovane d'Assisi nella contezza dell'esecrabile corruzione chiesastica, la cui ferma condanna trova nel Catarismo strenua avversione.
Disobbedisce al padre nolente, isolandosi da ogni materiale ricchezza dopo aver pronunciato il fatidico sì nelle mistiche Nozze, che indissolubilmente lo congiungono alla povertà, vista com'è pietra miliare della sua ispirata missione. In un'amena fascinazione di umiltà, che supera la tradizionale etica borghese, è spinto verso la privazione di tutto onde ritrovare il primigenio approccio con le creature.
L'innata "solarità" con cui la tradizione francescana lo esalta, si sostanzia nella stessa solarità dei Santi guardiani delle due Porte solstiziali, anche se Egli rimane più massivamente vicino a Giovanni Evangelista, il cui apocalittico Angelo incarna la figura di Francesco nel suo messaggio di monito e di presagio, così come l'Abate Gioacchino, dotato di "spirito profetico", che ammonisce gli umani a non discostarsi dalla parola di Dio.
 

Si consacra come servo di Cristo, e servi anche i suoi seguaci, che indossando l'umile saio giurano purezza morale, scevra da terrene brame che possano inficiare le regole, vergate nel suo lascito testamentario.
Parossistica ansia, carica di trepidante attesa apocalittica e dell'Avvento della Terza Età cristiana, fondata sul rinnovamento dei costumi laici e religiosi, apre un nuovo scenario che fa della penitenza corporale, mediante terribile uso della flagellazione, una catartica ragione espiatoria.
Dopo primo imprimatur papale alla sua regola, Francesco impone ai confratelli di spogliarsi di onori e glorie e definirsi "Minores" per umiltà e povertà, onde sciogliere ogni legame terreno con i "maiores" di aristocratica casta.
In Lui si coagulano i sacri principi di povertà e carità, severi cardini del suo Ordine che invitano alla perfezione interiore, attraverso riabilitazione della propria coscienza e nell'assoluta accettazione delle rigide regole francescane, senza dogmatica imposizione.
Esito non facile se si è radicati alla statica vita cenobitica, ma facile se s'imprime nella mente la volontà di divenir peregrini in un catartico viaggio senza confini attraverso la Terra, l'Acqua, l'Aria e il Fuoco.
Il mistico Cavaliere di Cristo li esorta a scavare nel proprio io per raggiungere quelle verità nascoste attraverso profonda meditazione.
La vita eremitica suscita in Lui un incontenibile impulso mistico, vissuta in umide e putride grotte come se volesse trovar quiete per pregare e virtualmente scavar sotterra alla ricerca dell'essenza della vita.
Brama di martirio lo pervade in un empito di sacrificio di se stesso per l'altrui salvezza e di solidale vicinanza per coloro che professano altro credo.
Nelle molte erranze tra le sue frugali laure matura l'idea di un grande Poema che sublimi la Fratellanza universale in un Cantico quale inno alle Creature di Natura benigna e pervaso dalla forza di vitali elementi.
Essere universalmente fratelli ed uguali è la più alta espressione delle sue agognate mete spirituali, da imprimere prima nella sua confraternita perché da qui possa irradiarsi erga omnes.
Il Crisma della Fratellanza esalta la sua connaturata sensibilità, onde raggiungere quell'alto senso di umana solidarietà che deve legare in inscindibile nesso tutti gli uomini.
 

Vivifica fiamma si accende nel suo cuore che palpita per i propri simili, pur senza rinuncia al desiderio di martirio che manifesterà nell'ultimo peregrinare in Terra Santa, unendosi all'ultima Crociata sotto l'egida di Cristo.
Fratellanza e Uguaglianza, quali sacri binomi etici possono essere realizzati con il dimesso abito penitenziale, in assoluta povertà in convivenza con misera frugalità, e dopo privazione di ogni agio materiale.
Invero, gli uomini non ascoltano i benefici insegnamenti di personalità solari come l'umile Francesco, che predicano la felicità e la giustizia in un corrotto mondo, per cui vane rimangono le sue parole verso coloro che inseguono effimeri egoismi, lasciando però indelebili tracce nelle coscienze degli animi più sensibili.
Il Divin Poeta rimarca nell'incipit del Canto XI della Terza Cantica i contenuti morali della filosofia francescana, ergendosi a severo giudice del comportamento umano, dedito più ai beni mondani e ai meschini piaceri.
L'alone di santità, unito alla saggezza di chi non predica ricchezze ma solo atti di solidale carità, si riverbera nella dolce Letteratura romantica che non vede in Francesco solo l'asceta orante, innamorato nello struggente idillio con le Cose del Creato, o come l'uomo elemosinante in preda a fanatico misticismo, ma lo riscopre come uomo dall'energica personalità in grado di sostenere gli aspri gravami che la storia del tempo impone.
Ne è prova il fascino che Egli ha verso i simboli orientali, dove campeggia il greco segno del Tau, come inconfutabile tesi del suo universale cosmopolitismo quale simbolo di fraternità.
Francesco d'Assisi non ha tramandato solo esempio di adamantina santità ma anche forte lascito sapienziale, come segno di pervicace vigore intellettuale in quel difficile Secolo in cui il suo religioso genio non troverà altri riscontri nei successivi Evi storici.
 
 
 


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